Cent ’anni fa, il 23 agosto 1923, i fascisti assassinarono a colpi di bastone e sassate il sacerdote cattolico don Giovanni Minzoni. Papa Pio XI non pronunciò alcuna parola di condanna. L’arcivescovo di Ravenna, monsignor Antonio Lega non presenziò ai funerali. Si fece rappresentare da un suo segretario. Nel marzo di quest’anno, il Vaticano ha avviato il procedimento per la beatificazione di don Minzoni. Pochi giorni fa, nell’anniversario della morte, il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, ha reso onore alla memoria di don Minzoni nel duomo di San Niccolò di Argenta e ha pronunciato una condanna senza appello dell’ideologia e dei metodi del fascismo.
Dal Duce alla Dc, la ragion di Stato è antidemocratica.
“Possibile che siate tutti d’accordo, nel volere la mia morte per una presunta ragion di Stato che qualcuno lividamente vi suggerisce, quasi a soluzione di tutti i problemi del Paese (?). Altro che soluzione dei problemi. Se questo crimine fosse perpetrato, si aprirebbe una spirale terribile che voi non potreste fronteggiare. Ne sareste travolti”. Con queste parole, scritte dalla “prigione del popolo” in cui lo avevano rinchiuso le Brigate rosse, Aldo Moro, presidente della Dc, indicava nella “presunta ragion di Stato” il principio di azione politica che, fatto proprio dai dirigenti del suo partito, escludeva ogni soluzione umanitaria o di compromesso e lo condannava a morte. Moro esortava invece i dirigenti della Dc a “contemperare ragioni umane e morali”e spiegava che con la loro “inerzia, insensibilità e rispetto cieco della ragion di Stato”, essi reintroducevano di fatto la pena di morte in Italia. A commento di queste drammatiche parole di Moro, Gianfranco Borrelli, nel suo importante saggio Repubblica, ragion di Stato, Democrazia cristiana (Cronopio) osserva che Moro si appellava alla “buona ragion di Stato” che difende le libertà politiche, civili e sociali, contro la “cattiva ragion di Stato”che sacrifica la vita di un uomo in nome dell’interesse supremo dello Stato. Ha ragione Borrelli quando sostiene che la dottrina della ragion di Stato non ha soltanto autorizzato “a stravolgere ogni genere di norma”per difendere l’interesse dello Stato, ma è stata anche “una nuova arte razionale del governo” che persegue la “conservazione politica”.
I deturpatori del vero 25 aprile
È diventato difficile mantenere vivi nella coscienza degli Italiani il significato e la consapevolezza della Liberazione.
Anno dopo anno diventano sempre più forti le voci che deturpano la verità. Hanno cominciato col dirci che la lotta di liberazione è stata una guerra civile, Italiani contro Italiani, che ci furono crimini e crudeltà da una parte e dall’altra, che anche i repubblichini avevano ideali, e amavano la patria. Perdoniamo, dimentichiamo tutto è l’invito che abbiamo ascoltato tante volte.