"Renzi e Mussolini, trova le differenze"

Acerbo e Italicum. Una legge elettorale con forte premio di maggioranza e una seconda Camera di nominati. Piaccia o no, lo hanno fatto entrambi.

Nella storia dell’Italia unita l’unico precedente di un leader politico che ha fatto approvare una legge elettorale con forte premio di maggioranza e ha trasformato una delle due Camere elettive in una Camera di nominati è Benito Mussolini.

Poco dopo essere stato chiamato dal re a formare un governo, Mussolini fece approvare una riforma della legge elettorale (“legge Acerbo”, dal nome del suo estensore) che assegnava alla lista che avesse raggiunto il 25% dei voti validi i 2/3 dei seggi alla Camera dei deputati (il Senato era di nomina regia). Grazie alla nuova legge, Mussolini si assicurò il controllo della Camera e poté avviare la costruzione dello Stato totalitario che culminò con l’istituzione (legge 129 del 19 gennaio 1939) della Camera dei fasci e delle corporazioni formata da “consiglieri nazionali” non votati dal popolo (l’ultima parvenza di elezioni, con abusi e violenze di ogni tipo, c’era stata nel 1924), ma tratti da altre istituzioni del regime: il Gran Consiglio del Fascismo, il Consiglio Nazionale del Partito Fascista, il Consiglio Nazionale delle Corporazioni e altre ancora.
Matteo Renzi è più veloce di Mussolini e attua insieme la riforma elettorale e l’abolizione di una delle due Camere elettive. Con l’“Italicum” ha dato vita a una legge elettorale con forte premio che garantisce alla lista che vince le elezioni una salda maggioranza parlamentare. Con la riforma costituzionale abolisce il Senato eletto dal popolo e lo sostituisce con un dopolavoro per consiglieri comunali e regionali nominati.
Le analogie storiche sono spesso fuorvianti. Mussolini è salito al potere grazie alla viltà del re e con la violenza della sua milizia. Dopo aver ottenuto la maggioranza assoluta della Camera, grazie alla nuova legge elettorale, ha abolito tutte le libertà civili e politiche e istituito il regime a partito unico. Renzi non ha usato alcuna violenza e non ha violato alcuna libertà fondamentale. Ma le due riforme sommate insieme segnano la nascita di un potere enorme con insufficienti freni e limiti.
Renzi e i suoi proclamano che grazie alle due riforme chi vince le elezioni può finalmente governare. Tralascio di insistere sul fatto che la riforma della Costituzione che abolisce il Senato elettivo è incostituzionale (la nostra Carta fondamentale permette la revisione, non la riforma); si fonda sulla menzogna (non è vero che il sistema bicamerale non permette di legiferare); è dissennata (una sola Camera legislativa con forte maggioranza parlamentare fa più facilmente cattive leggi che due Camere con maggioranze strette). Sottolineo soltanto che in un regime politico liberale e democratico sano il sistema elettorale e il disegno delle istituzioni non devono avere come fine quello di permettere a chi ottiene la maggioranza dei voti di governare, ma di governare con limiti e freni.
I freni, spiegava Luigi Einaudi, “hanno per iscopo di limitare la libertà di legiferare e di operare dei ceti politici governanti scelti dalla maggioranza degli elettori”. E aggiungeva: “Se il principio della maggioranza fosse davvero decisivo, il comando legislativo ed esecutivo dovrebbe essere assunto dalla maggioranza della Camera eletta a suffragio universale e segreto dei cittadini. Entro i limiti logici di quel principio non hanno luogo né la seconda Camera, (corsivo mio, ndr) né le prerogative del capo dello Stato, né le dichiarazioni di incostituzionalità da parte di alcuna superiore Corte giudiziaria” (Major et sanior pars, 1945).
Il Senato elettivo e una minoranza in Parlamento con la quale la maggioranza deve accordarsi perché altrimenti non riesce a legiferare, sono precisamente due sani freni e limiti che Renzi ha tolto di mezzo con le sue riforme. Eliminando i limiti al potere della maggioranza si creano le premesse per un regime, non per il buongoverno. Il prossimo passo è facile da prevedere: il ‘partito della nazione’ saldamente controllato dal segretario che è anche capo del governo, che tutti e tutto abbraccia, protettivo, rassicurante; e soffocante.

Maurizio Viroli

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