Socialismo liberale, lo scritto politico
più importante di Carlo Rosselli, esce in italiano nel 1945, per le Edizioni U.
La prima pagina reca la foto dell'autore, assassinato con il fratello Nello il
9 giugno 1937 a Bagnoles de l'Orne, in Francia, da sicari mandati da Benito
Mussolini.
Rosselli aveva lavorato al testo quando era confinato a Lipari per
aver organizzato nel 1926, insieme a Ferruccio Parri, la fuga del vecchio
leader socialista Filippo Turati da Savona alla Corsica Nel 1929 evade in modo
spettacolare da Lipari insieme a Francesco Fausto Nitti ed Emilio Lussu, con
l'aiuto, da Parigi, di Gaetano Salvemini e Alberto Tarchiani. Nella Capitale francese,
dove Rosselli e Lussu danno vita al movimento 'Giustizia e Libertà', esce nel 1930
la prima edizione con il titolo Socialisme liberal.
Più che un "libro organico", avverte Rosselli nella
breve prefazione, Socialismo liberale è "la confessione della profonda
crisi intellettuale che i giovani socialisti della sua generazione vissero
prima quando capirono che la teoria marxista non aiutava e anzi danneggiava il movimento,
poi di fronte alla tragica disfatta sotto i colpi del fascismo. Ma è anche il
risultato della tenace volontà di Carlo Rosselli di uscire da quella crisi con
una rinnovata e rafforzata consapevolezza intellettuale in grado di far rinascere
su nuove basi il movimento socialista e di aiutare la riconquista della libertà
in Italia. Come Guido Calogero, Rosselli propone un'alleanza strategica fra
socialismo e liberalismo. Per socialismo intende "l'attuazione progressiva
della idea di libertà e di giustizia tra gli uomini: idea innata che giace, più
o meno sepolta dalle incrostazioni dei secoli, al fondo d'ogni essere umano;
sforzo progressivo di assicurare a tutti gli umani una eguale possibilità di vivere
la vita che solo è degna di questo nome, sottraendoli alla schiavitù della
materia e dei materiali bisogni che oggi ancora domina il maggior numero".
Fine della rivoluzione socialista non deve più essere soltanto la
trasformazione delle strutture sociali ma anche, e in primo luogo, una
"rivoluzione morale", vale a dire "la conquista, perpetuamente rinnovantesi,
di una umanità qualitativamente migliore, più buona, più giusta, più
spirituale". Per liberalismo Rosselli intende non tanto lo Stato o la società
liberale come si sono storicamente affermati in regime capitalisti come "la
fede nella libertà non solo come fine, ma anche come mezzo". La libertà
spiega Rosselli, "non saprebbe conseguirsi attraverso la tirannia o la
dittatura, e neppure per elargizione dall'alto. La libertà è conquista, auto-conquista,
che si conserva solo col continuo esercizio delle proprie facoltà, delle
proprie autonomie. Per il liberalismo, e quindi per il socialismo, è fondamentale
la osservanza del metodo liberale o democratico di lotta politica; di quel
metodo che, per la sua intima essenza, è tutto penetrato dal principio di libertà.
Rosselli elabora la sua proposta del socialismo liberale dopo
una severa analisi dei vizi e degli errori che hanno portato alla sconfitta degli
anni20: un'ideologia – il marxismo interpretato secondo lo stile positivista -
che avviliva la volontà e gli ideali in nome del culto dei 'fatti' e delle obbiettive
tendenze della società e della storia e che incoraggiava o l'attesa fideistica del
futuro o la rassegnazione di fronte agli eventi ostili; la folle presunzione di
minacciare una rivoluzione che non si era stati in grado di attuare (e forse
neppure si voleva davvero) col bel risultato di spaventare i ceti medi e dare ai
fascisti, il pretesto di ergersi a difensori dell'Italia contro il bolscevismo;
l'incapacità di capire le trasformazioni del capitalismo al quale gli agitatori
socialisti contrapponevano la stanca formula della socializzazione dei mezzi di
produzione, mentre ben più efficace sarebbe stata (e sarebbe) una critica in
nome della dignità morale e intellettuale della persona; l'irresponsabile e ingiusto
disprezzo nei confronti del sentimento di amor patrio, mentre sarebbe stato moralmente
degno e politicamente savio contrapporre al nazionalismo fascista, come fa
Rosselli, l'idea mazziniana di patria intesa non come frontiere e canoni, ma come
il mondo morale di tutte le persone libere, la patria che non esorta a
conquistare e dominare altri popoli, ma comanda di rispettare la loro dignità e
di aiutarli a difendere o conquistare la loro libertà. In Socialismo
liberale Carlo Rosselli coglie non soltanto le ragioni della crisi del
socialismo, ma individua anche la causa vera della poca attitudine degli
italiani al vivere libero e civile: "Ora è triste cosa a dirsi, ma non per
questo meno vera che in Italia l'educazione dell'uomo, la formazione della
cellula morale base - l'individuo-, è ancora in gran parte da fare. Difetta nei
più, per miseria, indifferenza, secolare rinuncia, il senso geloso e profondo dell'autonomia
e della responsabilità". Mancano quasi in tutti "il concetto della
vita come lotta e missione, la nozione della libertà come dovere morale [e] la consapevolezza
dei limiti propri ed altrui". Abituati alla servitù nel dominio della
coscienza, sono ben disposti alla servitù nel dominio sociale e politico.
Rosselli capisce il male italiano perché vive invece secondo la
religione del dovere che ha imparato ad amare grazie soprattutto
all'insegnamento della madre Amelia Pincherle Rosselli, una donna straordinaria
per forza morale, grandezza dell'animo e finezza intellettuale. In una lettera
alla madre che si accinge a recarsi al cimitero per la traslazione dei resti del
fratello maggiore Aldo, volontario, morto in guerra, il 27marzo 1916, Carlo
esprime la sua religiosità con parole nelle quali traluce la consapevolezza di un
presagio: "La tragedia tua si colorirà di tinte universali perla
suggestione del numero, e ti verrà fatto di porti grandi interrogativi anche
riguardo alla vita terrena. Ma qualunque sia per essere la conclusione sentirai
di aver creato per davvero tre vite, tre forze, tre anime non volgari, che per
quanto infime, non saranno numeri vani, non lasceranno l'ambiente così come lo
trovarono. Bruceranno forse tutt'e tre, ma per aver cercato di avvicinarsi troppo
alla luce". Fedele senza incertezze all'ideale della vita come missione lottò
contro il fascismo con intransigenza assoluta. "Giustizia e libertà / per
questo morirono / per questo vivono". In questo epitaffio dettato da Piero
Calamandrei per la tomba di Carlo e Nello Rosselli al cimitero fiorentino di
Trespiano, c'è tutto il valore della loro eredità morale. Se fossimo un popolo di
cittadini, quell'angolo di pace dove Carlo e Nello riposano accanto al loro
caro "zio" Gaetano Salvemini, anziché essere desolato e abbandonato come
sempre l'ho trovato, sarebbe il nostro Arlington, luogo di pellegrinaggio dove
riflettere in silenzio sul loro sacrificio per ritrovare le ragioni di una
religione della libertà.
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