Ciampi, Presidente capace di educare gli italiani

Carlo Azeglio Ciampi (9 dicembre 1920- 16 settembre 2016) è stato un presidente profondamente repubblicano. Ha amato i valori, i simboli, le memorie della Repubblica e si è adoperato per tutto il suo mandato affinché gli Italiani li scoprissero e li amassero. Repubblicana era la sua religiosità laica. Prima di Ciampi tutti i presidenti avevano invocato Dio nei loro discorsi d’insediamento.

Ora un premio per Willy per non dimenticare

Non possiamo dimenticare. Troppo atroce, troppo vile, troppo ingiusto l’assassinio di Willy Monteiro Duarte. Ha ragione Enrico Fierro (Il Fatto, 13.09). Ai funerali di Willy le bare erano due, quella di Willy e quella invisibile ai nostri occhi che “raccoglie le spoglie della nostra civiltà. Ci dice chi siamo oggi. Quale morbo è cresciuto nel nostro corpo”. In quella bara c’è la patria italiana perché non è vera patria quella che non sa difendere la vita, la dignità e la libertà di ciascuno, soprattutto dei piccoli e dei deboli. Non c’è patria dove vincono i criminali vigliacchi, dove troppi sono indifferenti, dove pochi sentono lo sdegno contro la sopraffazione e hanno la forza della pietà che impone di aiutare le vittime e fermare gli aggressori. Le tragedia di Willy, e i tanti atti di aggressione contro gli immigrati, le donne e i poveri, dimostrano che esiste in Italia una fogna maleodorante di odio, di razzismo, di delirio di potenza.

Cara Meloni, non basta definirsi "non fascisti"

 

 Al ritratto critico di Marco Travaglio, che riconosce a Virginia Raggi anche i suoi meriti – “Lavora senza risparmio; di cose buone ne ha fatte (cultura, risanamento finanziario, legalità, no alle Olimpiadi incluso); non ruba e non fa rubare; governare Roma senza soldi né poteri e contro tutti i poteri è molto più arduo di quanto credesse lei, ma anche gli altri (infatti scappano tutti); e soprattutto perché ha tutti contro con argomenti che persino il più anti-raggiano troverebbe pretestuosi” (Il Fatto, 13 agosto) – è doveroso aggiungere l’elogio al suo impegno antifascista.

Bobbio, Calamandrei: la giusta morale


Era profonda l’amicizia che legava Norberto Bobbio (1909-2004) e Piero Calamandrei (1889-1956). Bobbio, più giovane di vent’anni, riconosceva in Calamandrei un maestro negli studi giuridici per la perizia tecnica, per la vastità della dottrina, per il rigore del ragionamento. Maestro soprattutto perché non intese il diritto come pura tecnica, dottrina o ragionamento logico, ma quale mezzo per servire l’ideale della giustizia. Qui è d’obbligo citare direttamente Bobbio: “Il significato profondo della vita di Calamandrei, ciò che rese la sua figura umana così affascinante, si può riassumere brevemente in queste parole: passione e lotta per la giustizia. […] L’ideale di giustizia, costantemente perseguito, lo fece esser presente con cuore appassionato e mente lucidissima dovunque vi fosse un sopruso da denunciare, un torto da riparare, un debole da proteggere. […] Purché non si dimentichi che la giustizia cui egli mirava non era accigliata ma sorridente, volta più verso l’indulgente comprensione che verso la severità: era una giustizia in cui la bilancia contava più del gladio e sui due piatti della bilancia una rosa pesava più di un grosso volume di dottrina”.

Post-Covid? Torneremo gli stessi di prima

Finita la pandemia, saremo un popolo migliore di uomini e donne più responsabili verso gli altri, più rispettosi della legalità, sinceramente grati ai nostri concittadini che si sacrificano per difendere la vita e la salute di tutti, più caritatevoli verso i deboli e gli indifesi; o saremo un popolo peggiore di uomini e donne chiusi al sentimento di civile fratellanza, felici di affermare la propria individualità violando le leggi, abili a declamare parole di ammirazione per chi assolve i doveri mentre dentro di noi li derideremo come poveri fessi, indifferenti nei confronti delle vittime della condizione umana e delle ingiustizie?

Ritroviamo un serio e mite amor di patria


Non tutti, è ovvio, ma molti nostri concittadini che hanno aperto le finestre per ascoltare insieme l’Inno di Memeli trasmesso da tutte le radio, hanno voluto esprimere un s e n t i m e n t o sincero di amor di Patria. Che non è orgoglio pettoruto per la superiorità della nostra Patria rispetto alle altre; non ha nulla a che vedere con il ripugnante slogan “prima gli Italiani” sbandierato dai demagoghi nostrani; non è la disgustosa simulazione dei furbi che sventolano il Tricolore e violano regole e leggi per fare i propri comodi. È il semplice senso del dovere, la consapevolezza che sempre, ma soprattutto in condizioni di emergenza come questa che viviamo, ognuno di noi deve fare la sua parte: rispettare le leggi e praticare la solidarietà, come prescrive la nostra Costituzione - il testo che meglio di ogni altro insegna cosa vuol dire essere Italiani e come si deve amare la nostra Patria. Un amor di Patria mite, che vive di opere e detesta i proclami, che pretende molto da ciascuno e proprio per questo è severo nei confronti dei politici che neppure di fronte a questa gravissima emergenza pensano al bene comune ma vogliono esclusivamente tornare al potere. Se da questa guerra contro l’epidemia usciremo con un ritrovato, serio, amor di patria, potremmo anche, superata l’emergenza, tornare alla non alla “normalità” e continuare a vivere senza senso civico, ma vedere una rinascita della nostra Repubblica. Mai come ora abbiamo bisogno di guide autorevoli che sappiano dare l’esempio di spirito repubblicano e sappiano trovare le parole giuste per fare capire agli Italiani che abbiamo un destino comune e che i comportamenti individuali hanno conseguenze sulle vite degli altri. Le parole, non dimentichiamolo, ispirano e insegnano. Se perderemo anche quest’occasione per imparare a vivere sul serio con il senso del dovere, superata in qualche modo l’emergenza grazie a chi il senso del dovere l’ha, torneremo a essere una patria solo di nome, senza le energie morali necessarie per affrontare nuove sfide come e forse anche più dure di questa.