Carlo Mosca, deceduto due giorni fa a Roma
(era nato a Milano nel 1945) è stato un servitore esemplare della Repubblica,
come Direttore della Scuola Superiore del ministero dell’Interno, capo di
gabinetto dei ministri dell’Interno Amato e Pisanu, Prefetto di Roma, vicedirettore
del Sisde, membro del Consiglio di Stato. Esemplare perché intendeva e viveva
il servizio alla Repubblica come “impegno silenzioso e lontano da ribalte illuminate”
sostenuto e guidato dalla “forza interiore” che consiste nella “capacità
morale, spirituale e intellettuale di cogliere, recepire e vivere un valore o
più valori”, come ha scritto in uno dei suoi libri più importanti, Il prefetto e l’unità nazionale del 2016. Non perdeva occasione per spiegare
ai prefetti, anziani e giovani, la speciale dignità che servire la Repubblica,
con disciplina e onore, conferisce alla persona. La sua è un’eredità morale, prima
ancora che intellettuale, che si distacca nettamente dalla ricerca sfrenata
della fama e del potere che pervade tanta parte della nostra vita pubblica. È
inestimabile. Carlo Mosca non ci ha lasciato soltanto insegnamenti sul
significato e il valore del servizio alla Repubblica, ma una concezione della
vita guidata dal principio del dovere. “L’esaltazione del dovere o meglio dei
doveri – ha scritto – è importante quanto l’esaltazione dei diritti, soprattutto
in un momento storico in cui sembra forte solo l’affermazione dei diritti, i
quali non possono essere vissuti ed esercitati consapevolmente, se si perde il
senso del rispetto del dovere o dei doveri”. Intendeva il dovere e il servizio alla
Repubblica in una prospettiva cristiana che si traduceva nell’attenzione
generosa nei confronti delle persone. Chiunque ha avuto la grande fortuna di
conoscerlo, ha trovato in lui un maestro di vita e un amico. Oltre al figlio
Davide, lascia tanti amici e allevi nell’amministrazione dello Stato, e nelle
università. Il suo esempio e i suoi scritti devono diventare il fondamento di una
scuola che educhi veri servitori dello Stato. Era il suo sogno.