Il
richiamo a Simone Weil fatto dal ministro Salvini durante il suo discorso di
domenica a Pontida è frutto di un uso perverso e mistificatorio del linguaggio
dei doveri e di un’evidente ed inaccettabile manipolazione del pensiero di una
delle più grandi pensatrici del Novecento. Quando Simone Weil, nella sua opera L’enracinement,
parlava della priorità dei doveri sui diritti si riferiva al fatto che solo i
doveri hanno la capacità di garantire i diritti, i quali altrimenti hanno bisogno
della forza per essere attuati. Ciò che la filosofa francese voleva
sottolineare è che soltanto in una società pervasa da una diffusa cultura dei
doveri i diritti possono essere davvero concretizzati: «l’adempimento effettivo
di un diritto non viene da chi lo possiede, bensì dagli altri uomini che si
riconoscono, nei suoi confronti, obbligati a qualcosa». Nella sua visione del
mondo, i doveri avevano la funzione fondamentale di legare gli uomini tra di
loro, non di dividerli. Ella riconosceva che i doveri sono radicati nell’animo
umano e che essi – a cominciare da quelli dei governanti nei confronti dei
governati — costituiscono l’elemento essenziale per ogni ordinamento legittimo
e per ogni relazione sociale nella quale si voglia realizzare la giustizia.
Etica del servizio e del comando
Soltanto
la persona moralmente libera, vale a dire la persona che ha senso del dovere, può
servire bene la Repubblica. Chi non ha senso del dovere è una persona banale o una
persona d’animo servile. Le persone banali possono obbedire con zelo e svolgere
le loro mansioni con molta efficienza. Poiché non hanno convinzioni profonde
sono però disponibili a servire qualsiasi regime: il terzo reich o la libera
repubblica fa poca differenza. Le persone d’animo servile sanno servire bene un
uomo o alcuni uomini, non un ideale, e tanto meno la Repubblica. Tanto le persone
banali quanto le persone d’animo servile hanno l’animo meschino, spesso
miserabile. Possono essere astuti, mai saggi. Sanno pensare soltanto in
piccolo; non hanno la finezza intellettuale che nasce dall’impegno a capire
qualche cosa che è più importante della vita privata e familiare. Possono
essere dunque burocrati di uno stato autoritario o ottimi cortigiani, mai veri servitori
della Repubblica.
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