Finalmente
leggo di un costituzionalista, giudice
costituzionale emerito, Paolo
Maddalena, che concorre con l'opinione
che sostengo ormai da tempo (forse altri hanno espresso il medesimo concetto,
mi scuso della mancata citazione dovuta alla mia ignoranza):
quella che Renzi e sodali stanno completando
non è una revisione costituzionale, è una riforma della Costituzione che né questo,
né nessun Parlamento hanno il potere legittimo
di realizzare.
Stiamo assistendo a un abuso di potere
da parte del governo e della maggioranza parlamentare. Scrive Paolo
Maddalena (Il Fatto Quotidiano, 17 febbraio,
2015): "Bisognerebbe infatti distinguere
tra il 'potere di revisione' della Costituzione
e il 'potere costituente'. Oggi non siamo in presenza di una semplice revisione, ma
vengono intaccati i principi costituzionali con un potere
costituente che in realtà non si ha.
Ci sarebbe quindi tutta la possibilità
di impugnare e prendere posizione contro
una riforma tutta sbagliata. La Corte costituzionale
ha il potere di abrogare leggi costituzionali se queste sono andate
oltre il potere di revisione
e hanno invaso il potere costituente".
LA
DIFFERENZA fra revisione costituzionale e riforma
costituzionale è facile da intendere. Per revisione
si intende la modifica di uno o pochi articoli sotto
il medesimo titolo; per riforma si intende la
modifica di molti articoli che cambiano la forma dello Stato. Orbene, un
proposta come quella che il Parlamento votato (con
legge illegittima) si appresta a varare con votazioni
notturne è riforma e non revisione. Poiché
la Costituzione, articolo 138 descrive la procedura di revisione e non di riforma, quello
che i renziani stanno facendo è atto incostituzionale
gravissimo. Nessuno ha dato loro il potere di cambiare radicalmente
la Costituzione. Un potere siffatto l'avrebbe
soltanto un'assemblea Costituente, come quella del 1946.
Chiamiamo le cose con il loro nome: è un colpo
di stato attuato senza violenza grazie
al potere della menzogna (e alla minaccia di mandare tutti
a casa se non obbediscono al capo). Se
qualcuno ha ancora dubbi se l'articolo 138 possa essere applicato anche alla
riforma della Costituzione, si legga il dibattito in
Assemblea costituente e si accorgerà che mai si parla di riforma. Essendo, a differenza
dei riformatori odierni, colti, i Costituenti
sapevano usare le parole. Del resto, il 138 prevede il referendum, una
procedura che per sua natura si applica a quesiti circoscritti (monarchia
o Repubblica, divorzio sì divorzio no, ecc.)
mentre non ha alcm1 senso quando i cittadini devono
deliberare su una riforma complessiva,
per l'ovvia ragione che potrebbero essere a favore di alcuni cambiamenti
e contro altri. Cosa dovrebbero scrivere, in questo
caso, sulla scheda, un trattato
di diritto pubblico? Maddalena, se
bene intendo il suo pensiero, pare confidare nel capo dello Stato e
nella Corte costituzionale. Il capo dello Stato, quando
riceverà la riforma dovrebbe rifiutarsi di firmarla. La Corte costituzionale
dovrebbe abrogarla senza alcuna esitazione.
NON
SI VERIFICHERÀ né l'una né l'altra ipotesi.
Resta il referendum per il quale conviene
cominciare a organizzarci fin d'ora, anche contro i partiti politici, come
del resto abbiamo fatto nel 2006. Se poi la riforma passerà, e avremo
un bel senato di nominati, prenderò in
serio esame di rinunciare alla cittadinanza
italiana. Non credo che riuscirei a
sopportare la vergogna di essere cittadino
di una Repubblica che offende così apertamente la sua Costituzione.
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