Discorso 25 aprile - Casa Cervi


 È per me un vero onore parlare oggi, 25 aprile 2018, qui a Casa Cervi. Perdonate l’emozione di un vecchio professore. Albertina Sogiani e gli amici di Casa Cervi mi hanno chiesto di commemorare la liberazione. Non mi sento all’altezza del compito. Commemorare un evento così grande e così importante è impossibile per chiunque. Tutte le parole, se ci pensate bene, sono inadeguate, piccole, povere.
Una circostanza come questa richiederebbe, forse, il silenzio, che è la parola più solenne. Silenzio nel quale ognuno di noi si raccoglie nella propria vita interiore e si chiede cosa è stato quel sacrificio, ne rievoca da solo o da sola il valore.
Oltre alla difficoltà del compito, c’è un’altra difficoltà che devo condividere con voi, ed è la grave preoccupazione che avverto per il diffondersi dei movimenti fascisti. I fascisti diventano ogni giorno più aggressivi. Sono entrati in chiesa a intimidire un parroco che aiuta gli immigrati: è avvenuto a Pistoia nella parrocchia di don Massimo Biancalani nell’agosto del 2017. Hanno fatto irruzione in un centro di solidarietà – Como Senza Frontiere – nel novembre 2017 e hanno letto un proclama delirante che iniziava con le parole “nessun rispetto per voi traditori della patria“. Nessuno dei presenti ha reagito, “siamo persone pacifiche” ha dichiarato una cittadina presente. A Macerata, il 3 febbraio di quest’anno, un fascista ha sparato sugli immigrati. Non si contano le manifestazioni con saluti romani e le scritte che inneggiano al duce.

E ci devono preoccupare i commenti dei leader politici. Hanno dichiarato: “il fascismo è morto”. Non è vero. Fin quando ci sono movimenti fascisti è da irresponsabili dire che il fascismo è morto. A proposito del fascista che ha sparato a Macerata, hanno affermato: “Si tratta del gesto di un folle isolato”. Non è vero: chiunque abbia letto qualche libro sulla mentalità terroristica sa che anche il terrorista che agisce da solo agisce perché sa di avere una comunità che approva il suo gesto, che lo ammira e che lo ricorderà come un eroe per quello che ha fatto.
Altri ancora dicono: “i fascisti hanno ottenuto miseri risultati elettorali alle ultime elezioni”. Ricordo che nel 1919 i fascisti ottennero 4795 voti conto i 170.000 dei socialisti a Milano, ma nel 1922 Mussolini era presidente del consiglio.
“Le misure repressive non servono”: anche questa è una sciocchezza. Nel 1973 per iniziativa del Ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani, democristiano, venne disciolta l’organizzazione neofascista Ordine Nuovo. Non se ne è più sentito parlare. Ecco una prima utile lezione che viene dalla storia. Primo atto del nuovo governo: sciogliete e dichiarate fuori legge Forza Nuova e Casa Pound. Le leggi ci sono – dalla norma finale XII della Costituzione, la legge 645/ 1952 che ne dà attuazione e proibisce l’apologia del fascismo. Occorre soltanto la volontà di liberare l’Italia da quei gruppi infami.
Ricordino coloro che sconsigliano l’azione ferma dello stato contro i fascisti che il fascismo non sconfisse affatto lo stato liberale: fu lo stato liberale, con l’indegno e vile monarca Vittorio Emanuele III in testa, che scelse di NON combattere il fascismo, di arrendersi al fascismo, di aprirgli le porte del governo e reggergli la mano quando distrusse l’una dopo l’altra le libertà civili e politiche.
Quante volte i carabinieri, o le guardie regie, o l’esercito hanno affrontato i fascisti quando attaccavano le sedi dei partiti, i giornali, le cooperative? Quanti fascisti responsabili delle aggressioni, degli omicidi, degli incendi sono stati arrestati, processati, e condannati? Nei pochi casi in cui i fascisti si sono trovati di fronte reparti di carabinieri, come a Sarzana nel luglio del 1921, sono stati massacrati o sono fuggiti.
Soltanto lo Stato repubblicano può sconfiggere i fascisti con la forza della sua Costituzione antifascista, con la forza delle leggi, se chi siede al governo ha la volontà di colpire il fascismo, se esiste un’unità antifascista fra le forze politiche.
Ma esiste ancora l’unità antifascista? Lo ricordo ai più giovani: negli anni ’60, ’70, ’80 esisteva una salda unità antifascista dai liberali ai comunisti, che ha permesso alla nostra Repubblica di sconfiggere il terrorismo fascista e il terrorismo delle brigate rosse. Nei momenti solenni c’erano le bandiere rosse e le bandiere democristiane e repubblicane. Ma oggi i maggiori partiti saprebbero riunirsi al di sopra delle differenze in un comune impegno antifascista? E ci sono voci autorevoli che possono ispirare un rinnovato impegno antifascista?
Ma la domanda più seria che dobbiamo porci è se esiste una coscienza antifascista nel paese. Nel suo significato più vero e più alto, la coscienza antifascista è stata e può essere soltanto una religione della libertà. Avere la religione della libertà vuol dire eleggere la libertà come valore supremo della vita ed essere pronti per essa ad affrontare anche i sacrifici più difficili, le prove più ardue, le fatiche più pesanti. 
Religione della libertà è impegno assoluto preso con la nostra coscienza, e soltanto con essa, di difendere sempre la libertà.
La religione della libertà è stata la forza morale che ha dato agli uomini e alle donne della Resistenza la forza di affrontare il carcere, l’esilio, e il sacrificio della vita. Pensiamo alle parole che Ferruccio Parri, pluridecorato eroe della Prima guerra mondiale, che fu Presidente del Consiglio dal 21 giugno all’8 dicembre 1945, quando, di fronte al tribunale speciale del fascismo, il 9 novembre 1927 affermò che contro il fascismo aveva una sola ragione di avversione, ma “perentoria ed irriducibile” e poiché era avversione morale, era integrale, intransigente, assoluta irriducibile, Siamo intransigenti verso il fascismo – spiegò Ferruccio Parri- perché siamo intransigenti con la nostra coscienza. Questa è religione della libertà.
La religione della libertà non è la fede cristiana, ma non è affatto inconciliabile con essa, anzi, ne è la conseguenza naturale. La religione della libertà insegna la carità, nel suo significato più autentico, vale a dire il sentimento che ci porta a condividere la sofferenza degli altri, a stare dalla parte dei piccoli, dei deboli, degli offesi, degli esclusi e a lottare con loro contro chi opprime, discrimina, umilia. Ma la carità è anche il valore cristiano per eccellenza.
È il fascismo offende la fede cristiana: per i fascisti la carità e la compassione sono sentimenti dei deboli. Cristo ha insegnato la pace; il fascismo ha predicato e praticato la guerra come mezzo per affermare la potenza della nazione e come fine in sé. Cristo ha insegnato la fratellanza e l’uguaglianza degli esseri umani, tutti creature di Dio; il fascismo ha affermato l’ignobile dottrina delle razze superiori e delle razze inferiori. Le legge cristiana dice ‘non avrai altro Dio fuori che me’; il fascismo ha imposto di esaltare il duce come un dio.
Insegnate queste semplici verità ai vostri amici cristiani. Dite loro che, se siete cristiani, non potete essere fascisti. Dovete essere i nemici più irriducibili del fascismo. Venga qui a Casa Cervi a dirlo con tutta la sua autorevolezza papa Francesco e condanni la vergognosa collusione del Vaticano con il regime fascista, quando il suo predecessore papa Pio XI definì Mussolini uomo mandato dalla provvidenza per restituire Dio all’Italia e l’Italia a Dio.
La religione della libertà insegna l’amore della patria. L’amore della patria come lo hanno inteso i nostri padri del Risorgimento, vale a dire la patria come la intendeva Giuseppe Mazzini. La patria, scriveva Mazzini “non è un territorio, il territorio è solo la base, finché uno solo tra i vostri fratelli non è rappresentato dal proprio voto nello sviluppo della vita nazionale, finché uno solo vegeta ineducato tra gli educati, finché uno solo capace e voglioso di lavoro langue per mancanza di lavoro nella miseria, voi non avrete la patria come dovreste averla, la patria di tutti, la patria per tutti”.
Voi fascisti siete stati e siete i più ripugnanti nemici della patria: l’avete umiliata rendendola serva di un pugno di criminali; le avete tolto le libertà; l’avete infangata con guerre ingiuste; disonorata con le leggi razziali, che hanno portato gli ebrei ai campi di sterminio; l’avete trascinata a combattere una guerra a fianco di un criminale come Hitler e infine avete aperto la strada all’invasione delle divisioni tedesche.
Sono stati gli antifascisti a fare rinascere la patria che il fascismo aveva devastato.
La religione della libertà è una forza immensa che spinge all’impegno antifascista non di un giorno, non di mesi, ma di una vita; non la pieghi, non la corrompi, non la compri. La persona che vive secondo la religione della libertà sente di essere unica e di avere un valore infinito e dunque nessun prezzo vale il sacrificio di se stessi.
Perché ci sia vero antifascismo devono esserci uomini e donne che sappiano interrogare la propria coscienza e sappiano ascoltare le sue risposte. Ma proprio qui sta il nostro problema, il problema italiano. Lo ha capito meglio di ogni altro una delle voci più nobili dell’antifascismo, Carlo Rosselli. Il problema italiano, scrive Rosselli in Socialismo liberale (1929), “è, essenzialmente, problema di libertà. Ma problema di libertà nel suo significato integrale: cioè di autonomia spirituale, di emancipazione della coscienza, nella sfera individuale; e di organizzazione della libertà nella sfera sociale, cioè nella costruzione dello Stato e nei rapporti tra i gruppi e le classi. Senza uomini liberi, nessuna possibilità di Stato libero. Senza coscienze emancipate, nessuna possibilità di emancipazione di classi. Il circolo non è vizioso. LA LIBERTÀ COMINCIA CON L’EDUCAZIONE DELL’UOMO e si conchiude col trionfo di uno Stato di liberi, in parità di diritti e di doveri, in uno Stato in cui la libertà di ciascuno è condizione e limite alla libertà di tutti. Ora è triste cosa a dirsi, ma non per questo meno vera che in Italia l’educazione dell’uomo, la formazione della cellula morale base – l’individuo –, è ancora in gran parte da fare. Difetta nei più, per miseria, indifferenza, secolare rinuncia, IL SENSO GELOSO E PROFONDO DELL’AUTONOMIA E DELLA RESPONSABILITÀ. Un servaggio di secoli fa sì che l’italiano medio oscilli oggi ancora tra l’abito servile e la rivolta anarchica. Il concetto della vita come lotta e missione, la nozione della libertà come dovere morale, la consapevolezza dei limiti propri e altrui, difettano.”
Queste parole erano vere nel 1929, lo sono ancora nel nostro tempo. Siamo circondati da persone banali, persone superficiali che vivono per le apparenze e di apparenze, senza vita interiore, indifferenti alla sofferenza, intellettualmente ottuse: non vedono, non capiscono, non hanno convinzioni. Non solo non potrebbero opporsi al nuovo fascismo, ma accoglierebbero volentieri un dominatore che li comandi come servi e li liberi dalla fatica della libertà.
L’antifascismo non è soltanto memoria doverosa e nobile del passato: è il programma ideale del futuro degli uomini e delle donne libere. Ma CHI e COME può fare rinascere il vero antifascismo fondato sulla religione della libertà?
Chi? Ognuno di noi. Come? Con l’esempio della vita. Senza vana eloquenza, rinnoviamo qui a Casa Cervi, in questo 25 aprile l’impegno a fare rinascere il vero spirito antifascista, per fare rinascere la patria italiana, per vivere una vita degna di essere vissuta. 

1 commento:

  1. Bravo Maurizio! Nelle tue parole riaffiora lo spirito Mazziniano. Quello spirito di cui ha bisogno il Popolo Italiano se vuole uscire dalla palude in cui è caduto.

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