Con la sua
dichiarazione che Pietro Grasso è di sinistra ed è un patriota (‘La Repubblica’
30 dicembre 2017), Pierluigi Bersani ha pronunciato un bell’elogio che merita
di essere approfondito. Sinistra e patriottismo sono tradizioni politiche e
ideali che, nella nostra storia, in pochi casi hanno camminato insieme; spesso
si sono guardate con reciproca diffidenza o apertamente combattute.
La sinistra di ispirazione marxista e internazionalista ha sempre considerato il patriottismo una delle tante maschere che la borghesia ha indossato per ingannare il popolo, coprire i propri interessi, giustificare l’espansione coloniale; la sinistra di ispirazione cristiana lo ha giudicato un’ideologia che offende l’ideale della pace e della fratellanza dei popoli; la sinistra d’ispirazione illuministica lo ha disprezzato come una cultura rozza in contrasto con il cosmopolitismo illuminato dalla ragione. Con il bel risultato di avere una sinistra inetta a rappresentare le aspirazioni dei molti che si sentono e vogliono restare italiani e un patriottismo degenerato in nazionalismo nemico degli ideali di libertà e di giustizia sociale, razzista, inebriato di idee di falsa grandezza.
La sinistra di ispirazione marxista e internazionalista ha sempre considerato il patriottismo una delle tante maschere che la borghesia ha indossato per ingannare il popolo, coprire i propri interessi, giustificare l’espansione coloniale; la sinistra di ispirazione cristiana lo ha giudicato un’ideologia che offende l’ideale della pace e della fratellanza dei popoli; la sinistra d’ispirazione illuministica lo ha disprezzato come una cultura rozza in contrasto con il cosmopolitismo illuminato dalla ragione. Con il bel risultato di avere una sinistra inetta a rappresentare le aspirazioni dei molti che si sentono e vogliono restare italiani e un patriottismo degenerato in nazionalismo nemico degli ideali di libertà e di giustizia sociale, razzista, inebriato di idee di falsa grandezza.
Se invece la
sinistra abbracciasse finalmente, con sincera convinzione nata da una seria
riflessione storica e ideale, la migliore tradizione del patriottismo italiano,
si candiderebbe ad essere davvero forza di governo, e non forza di occupazione
del governo, e potrebbe soprattutto tentare l’ardua, ma grande, impresa della rinascita
civile dell’Italia.
Provo a
sostenere queste affermazioni con qualche argomento che offro agli amici di ‘Liberi
e Uguali’. Chiarisco, in primo luogo, che quando parlo della migliore
tradizione del patriottismo opero una precisa distinzione fra le varie teorie e
scelgo quella che meglio di ogni altra ha saputo interpretare il concetto di
patria italiana come ideale di libertà e di giustizia sociale che comanda il
rispetto di tutti i popoli e impone di sostenere la lotta degli oppressi contro
i padroni del mondo ovunque, chiunque essi siano. Mi riferisco, com’è ovvio a
Giuseppe Mazzini che ci ha lasciato una teoria dell’amor di patria che anche i
più autorevoli critici del patriottismo oggi riconoscono come una valida
visione per la lotta contro le diseguaglianze sociali; a Carlo Rosselli che
capì meglio di altri quale tragico errore commisero socialisti e comunisti a
rinnegare il sentimento popolare dell’amor di patria; a Alcide De Gasperi che rammentava
ai cristiani che “il nostro patriottismo non nasce dall’odio, ma
dall’amore. Nasce dall’amore, cioè dal dovere della solidarietà e della
fraternità”; al presidente Carlo Azeglio Ciampi che con le sue parole seppe
fare ritrovare a tanti giovani, l’ho constatato di persona, il vero significato
dell’amor di patria.
Soltanto chi ha
questo amor di patria ha la
legittimità morale per governare. Chi non l’ha può, tutt’al più, occupare il
governo. A meno che qualcuno mi spieghi come può fare il bene dell’Italia chi
non l’ama e ami in primo luogo il proprio tornaconto o, il che è quasi paggio,
il proprio partito. Amare la patria secondo i maestri che ho citato (e tanti
altri potrei menzionare) vuol dire volere il bene dell’Italia consapevoli dei
suoi vizi storici ma anche delle sue energie morali e intellettuali; volere che
sia libera, che non sia dominata da padroni, che difenda i diritti dei
cittadini ed esiga il rispetto dei doveri, che sappia premiare chi merita di
essere premiato e punito chi merita di essere punito, che sappia essere
rispettata dai popoli del mondo perché giusta e generosa.
Ho sostenuto,
infine, che soltanto una sinistra guidata dall’amor di patria può tentare
l’impresa della redenzione civile dell’Italia perché i popoli rinascono quando
i loro cittadini migliori sanno ispirare e stimolare
nuove energie morali. Il mio, per quel che vale, è ragionamento da realista:
per ispirare e stimolare energie morali occorrono esempi del passato da citare,
miti da riscoprire, eventi da evocare, pagine da rileggere insieme. Tutto
questo potrebbe trarre con poca fatica chi sapesse e volesse imparare la lezione
dei nostri migliori patrioti, a condizione che abbia animo grande e passione
sincera per la libertà.
Chi non crede
nella forza delle memorie e degli esempi non conosce la storia. A dare ai
nostri migliori antifascisti la tenacia per lottare e sacrificarsi nella lotta
contro il regime di Mussolini (sostenuto da quell’essere spregevole che fu
Vittorio Emanuele III) furono in buona misura le memorie del Risorgimento. Il
movimento per i diritti civili negli Stati Uniti aveva fra i suoi riferimenti
ideali il Presidente Lincoln. Dimenticare chi ha sofferto perché noi potessimo
vivere liberi, oltre ad essere scelta da dissennati, è comportamento da
ingrati. Gli ingrati non redimono la patria; la uccidono.
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