Ho
cambiato idea: al referendum sulla riforma costituzionale voterò sì. Mi rendo
conto di deludere gli amici del Fatto che hanno fino ad oggi ospitato i
miei articoli in favore del no, ma non posso fare altro. A costringermi a
modificare le mie posizioni è stato l’ispirato discorso di Matteo Renzi al
Festival dell’Unità di Bosco Albergati (Modena), in particolare la sua
affermazione che se passa il sì “i 500 milioni risparmiati sui costi della
politica pensate che bello metterli sul fondo della povertà e darli ai nostri
che non ce la fanno”.
Incoraggiato,
credo, dalla consapevolezza di rivolgersi a un pubblico sensibile ai temi della
giustizia sociale, Matteo Renzi ha vinto il riserbo fin qui tenuto e ha
rivelato la vera ragione della riforma costituzionale: non semplificare il
processo legislativo e neppure abolire l’anacronistico sistema bicamerale paritario,
bensì combattere la povertà.
LA SUA
È UNA SCELTA coraggiosa e innovativa. Nessuno prima di lui aveva pensato che il
modo più efficace di aiutare i poveri è trovare soldi cambiando una quarantina
di articoli della Costituzione. Nessuna legge ordinaria avrebbe potuto essere
altrettanto incisiva. Dice Renzi che la riforma permetterà un risparmio di 500
milioni di euro. La Ragioneria dello Stato indica cifre molto più basse, ma di
sicuro sono prevenuti. In Italia, secondo gli ultimi dati ISTAT, ci sono 4.498.000
persone che vivono sotto la soglia della povertà assoluta. Se vince il sì
ognuno di loro avrà 111,16 euro in più in tasca all’anno, ovvero 30,5 centesimi
al giorno. La loro vita cambierà radicalmente. Cosa conta la Costituzione di
fronte ad un simile traguardo di giustizia sociale? Se l’avesse detto subito
che questo è il vero fine della riforma avrebbe ottenuto un plauso unanime.
L’altro
passaggio del discorso di Renzi che mi ha liberato dalle tenebre del
pregiudizio è stata la sua toccante confessione di aver sbagliato nel modo di
comunicare il significato della riforma: “Sbagliato a dare dei messaggi: questo
referendum non è il mio referendum, perché questa riforma ha un padre che si
chiama Giorgio Napolitano. Ho fatto un errore a personalizzare troppo, bisogna
dire agli italiani che non è la riforma di una persona, ma la riforma che serve
all’Italia”.
QUALCHE
COMMENTATORE prevenuto potrebbe osservare che un’affermazione come questa dimostra
che abbiamo un Presidente del Consiglio che non ha la minima idea dei
fondamenti istituzionali della nostra Repubblica. Se le parole hanno un senso, Renzi
ci ha rivelato (era evidentemente in stato di grazia) che il Capo dello Stato
ha dato un mandato, o un ordine, al Presidente del Consiglio di attuare una
precisa riforma costituzionale e quest’ultimo, solerte, ha obbedito. Abbiamo
avuto dunque un Presidente della Repubblica che si è arrogato un potere di
intervento sul processo legislativo che la Costituzione non gli riconosce in
alcun modo e un presidente del consiglio che obbedisce al Presidente della
Repubblica quando dovrebbe essere responsabile soltanto davanti al Parlamento. Ma
queste sono sottigliezze, via.
Quel
che conta è l’atto sincero di umiltà (ha riconosciuto il suo errore) e di
sottomissione (ha ammesso di aver obbedito a Napolitano). Credevo che Renzi fosse
un bulletto di provincia arrogante e invece devo ammettere che è umile e ha un
alto senso dello Stato.
Gli
ultimi dubbi che avevo me li ha fugati la ministra Boschi, con il suo recente
monito “chi dice di votare no vuol buttare il lavoro del Parlamento.” Anche in questo
caso gli irriducibili critici avranno di sicuro sottolineato che secondo la
Costituzione la sovranità appartiene al popolo e dunque il popolo ha tutto il
diritto di modificare le deliberazioni del Parlamento ove siedono i suoi
rappresentati non i suoi padroni. E non si saranno lasciati sfuggire l’occasione
per ribadire che l’istituto del referendum serve appunto a correggere le deliberazioni
del Parlamento.
Ma
sono, anche in questo caso, sottigliezze del tutto irrilevanti. Quel che conta
è l’alto rispetto del Parlamento che la ministra Boschi ha voluto rivelarci.
Ero convinto che a Renzi e ai suoi del Parlamento non importasse nulla e invece
lo rispettano a tal segno da correre il rischio di metterlo al di sopra del
popolo.
Scherzi
a parte, quante scemenze dovranno ancora dire prima che l’opinione pubblica si renda
conto che la Repubblica è nelle mani di irresponsabili, nel migliore dei casi,
o di presuntuosi che vogliono diventare padroni incontrastati dello Stato
usando la forza, come nel caso delle epurazioni alla RAI, e gli inganni
Non possiamo fidarci delle parole del Premier, ci ha mentito fin troppe volte ed è da ingenui ricascarci.
RispondiElimina(ricordo che renzi aveva anche parlato di un risparmio di 1 miliardo, a mio avviso, dà i numeri!)
Infatti i veri documenti indicano un risparmio di neache 50 milioni, il che significa che Renzi darebbe forse 11 euro ad ogni povero.La invito ad informarsi meglio.