Con la
sua ultima dichiarazione – “Abbiamo bisogno di un’Europa più forte e in grado
di rispondere insieme, unita, al terrorismo internazionale, e all’instabilità.
E per riuscirci abbiamo bisogno anche di un’Italia più forte verso l’Europa,
più credibile: quindi di una Costituzione che ci consenta maggiore stabilità” –,
la ministra Maria Elena Boschi ha passato il segno della decenza intellettuale.
Intellettuale, sottolineo, perché un’affermazione siffatta prende a calci la
logica e la storia.
La
ministra a dire il vero ci aveva già abituati a simili capolavori quando
dichiarò che la riforma garantirà “una crescita del Pil dello 0,6 per cento nei
prossimi dieci anni”. Il trucco retorico (retorica da parrocchia, quella seria
è un’altra cosa) è sempre il medesimo: affermare che esiste un evidente legame di
causa ed effetto fra due ordini di fatti che sono del tutto indipendenti, quali
appunto la riforma costituzionale e la crescita economica. Legame mai dimostrato
con qualche straccio di argomento, ma proclamato con il tono dell’oracolo (o
dovrei scrivere oracola?).
Stile
del resto imitato anche da altri sostenitori del ‘Sì’quando invece di ripetere
con il viso sorridente che se ci sarà la riforma avremo grandi benefici,
tuonano con occhi minacciosi che se non ci sarà la riforma si abbatteranno sulla
povera Italia flagelli e cataclismi a petto dei quali le piaghe d’Egitto
sembreranno modesti inconvenienti. Esempi di questa retorica, anch’essa da
parrocchia, sono il presidente del Consiglio: con la vittoria del No “l’Italia diventa
ingovernabile e in Europa non ci fila più nessuno”; il presidente emerito
Giorgio Napolitano: “Il No comporterebbe la paralisi definitiva, la sepoltura
dell’idea revisione della Costituzione”(perché? Non ci sarà più un Parlamento?)
e il direttore del Centro Studi della Confindustria che spiega che nel caso di
una vittoria del No ci sarà una perdita di 589 euro di Pil pro capite e di
577.000 unità di lavoro per il 2019, caos politico, aumento dello spread, fuga
di capitali, crollo della fiducia e, ovviamente, svalutazione.
Ma,
osservavo, l’ultima dichiarazione sul legame che stringe nuova Costituzione e
lotta al terrorismo internazionale supera per indecenza intellettuale tutti i precedenti
spropositi. In primo luogo la stabilità del governo italiano non c’entra
assolutamente nulla con la capacità dell’Europa di combattere unita il
terrorismo. Con la nuova Costituzione, come con qualsiasi Costituzione,
potrebbe andare al governo un partito o una coalizione del tutto inetta a
combattere il terrorismo e recalcitrante a contribuire a un comune sforzo
europeo. Alla ministra qualcuno dovrebbe ricordare che con la nostra
Costituzione la Repubblica ha saputo vincere una lotta mortale contro il
terrorismo delle Brigate Rosse e del neofascismo, un terrorismo almeno
altrettanto pericoloso di quello dei fondamentalisti islamici. Lo sa la
ministra che con la nostra Costituzione venne votata in poche ore la fiducia al
governo (Andreotti IV) il giorno stesso del rapimento Moro, e vennero poi
approvate da Camera e Senato leggi eccezionali per la lotta al terrorismo? Qualcuno
le ha detto che se il terrorismo è stato sconfitto è stato soprattutto grazie
alla forte unità morale e politica che in quegli anni tremendi si formò attorno
alla Costituzione, mentre la nuova Costituzione, approvata sempre a stretta
maggioranza, non avrà mai la medesima capacità di unire gli italiani? E
qualcuno si è posto il problema che con la Costituzione Boschi-Renzi-Verdini
per deliberare lo stato di guerra basterà la maggioranza assoluta della Camera,
e quindi sarà più facile per un governo, dopo un devastante attentato,
dichiarare una guerra insensata contro il terrorismo e ripetere gli errori dell’America
di Bush di cui ancora paghiamo le conseguenze?
Non ho
letto tutti gli argomenti di tutti i sostenitori del No, ma quelli che conosco
hanno ben altra probità intellettuale. Nessuno, che io sappia, ha sostenuto che
se la riforma sarà respinta avremo benessere economico, massima occupazione,
rinnovata internazionale, e sgomineremo l’Isis. Nessuno ha disegnato scenari di
catastrofe politica e sociale nel caso di vittoria del Sì. Ci siamo limitati a
mettere in evidenza le conseguenze dimostrabili della riforma sul sistema
istituzionale della Repubblica.
Adesso
capisco perché la ministra Boschi non vuole accogliere l’invito a un pubblico
dibattito (rivoltole più volte da Marco Travaglio, e, da ultimo, dal presidente
di Giustizia e Libertà Nadia Urbinati). In un confronto serio farebbe una
figuraccia. Ma il bello deve ancora venire. Scommetto che la prossima
dichiarazione sarà: “Basta un Sì e perderai dieci chili in due giorni, ti
ricresceranno i capelli e vincerai alla lotteria”. Quella degli imbecilli.
Nessun commento:
Posta un commento